Categorie protette: non sono vip o specie in via d’estinzione
In realtà è una questione piuttosto complessa, che ha molto a che fare con la burocrazia sia per chi vorrebbe rientrarci, sia per le aziende che vogliono assumere dipendenti che afferiscono a questa sezione.
Si parte con un po’ di normativa
Buttiamo subito l’occhio sugli obblighi previsti per le aziende rispetto a questa particolare categoria e per i soggetti che vogliono farne parte.
Molto ci dice a riguardo, la legge 68/99 del 12 marzo 1999, che porta l’eloquente quanto oscuro titolo “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Proprio questa si occupa di regolamentare e facilitare l’ingresso delle persone dotate di handicap nel mercato del lavoro. Questo perché, nella maggioranza dei casi anche se non in tutti, in presenza di un limite fisico o psichico, la possibilità di lavorare si riduce. In tal senso, la legge si muove a tutela di tutti gli individui portatori di qualche tipo di disabilità, promuovendone l’inserimento all’interno delle aziende, proprio in qualità di categoria protetta.
Obiettivo: collocamento
Questi potenziali lavoratori, seppure in una condizione di svantaggio, hanno ancora un ruolo attivo all’interno del mercato professionale. Per cui, previa valutazione delle possibilità lavorative di ciascun disabile, è giusto garantir loro un posto di lavoro adatto alle loro capacità.
Io mi sono insaccato un dito giocando a pallavolo: rientro tra i requisiti?
Ovviamente, come è normale che sia, per rientrare in questa categoria, i soggetti devono possedere determinate caratteristiche -che vanno oltre l’acne post adolescenziale -. Torniamo dunque all’articolo 1 della legge 68/99: qui si trovano tutti i particolari che chiariscono chi siano i lavoratori potenzialmente includibili.
Sono comprese chiaramente diversi tipi di disabilità
La lista include parecchie opzioni, quindi è bene capire se si rientra o meno nell’elenco seguente:
-Individui in età lavorativa, affetti da invalidità fisica o psichica o portatori di handicap intellettivo con conseguente riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.
–Invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%.
–Invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio.
–Non vedenti, colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi.
–Sordomuti, colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.
–Vittime di terrorismo e criminalità organizzata.
Se si appartiene ad una di queste tipologie, è obbilgatorio possedere la certificazione rilasciata dalle apposite commissioni riunite dalle Aziende Sanitarie Locali (meglio conosciute come ASL). Sono loro a stabilire modalità e tempistiche per far muovere la macchina dell’accertamento e per capire il grado di invalidità e la sua durata.
Esiste poi il caso in cui si è verificata un’invalidità per incidente sul posto di lavoro: i dovuti accertamenti saranno affidati all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (che, quando si riprende fiato, è conosciuta come INAIL). Sarà questo ente a gestire la certificazione.
Quali sono gli obblighi per le aziende?
La stessa legge 68/99 che abbiamo citato prima, stabilisce gli obblighi per le imprese, che esse siano private o pubbliche, nella selezione dei dipendenti inclusi nelle categorie protette.
Possono quindi procedere con l’assunzione in due modi: attraverso la chiamata per nominativi, o quella numerica. Nella prima modalità viene individuato il personale con un contatto diretto. Nella seconda, ci si rivolge invece alle liste disponibili al Centro dell’Impiego.
Chi si trova inserito negli elenchi può inoltre candidarsi a tutti i concorsi pubblici. Addirittura, esistono alcuni casi in cui hanno la possibilità di usufruire di un tempo maggiore per svolgere la prova. E poi, chi -nel bene e nel male- ha visto il riconoscimento di una percentuale di invalidità superiore all’80%, può saltare le preleselezioni quando previste dai bandi concorsuali.
Quanti dipendenti appartenenti alle categorie protette è obbligatorio assumere?
Il numero cambia in relazione a due fattori: la grandezza dell’impresa e la cifra di lavoratori che essa accoglie. In breve può aiutare la seguente schematizzazione: le aziende da 15 a 35 dipendenti hanno l’obbligo di assumere almeno 1 soggetto appartenente alle categorie protette. Mentre quelle che hanno dai 36 ai 50 dipendenti devono assumerne almeno 2. Infine, le imprese con oltre 50 dipendenti devono impiegarne il 7%.
Per quelle aziende che decidono di non rispettare questo obbligo dettato dalla legge: attenzione alle sanzioni amministrative. La decisione della pena è stabilita dalle rispettive direzioni provinciali del lavoro.
Ma non ci sono solo obblighi per le aziende
La normativa infatti, prevede non solo degli obblighi ma anche delle agevolazioni.
Ad esempio sono garantiti fino a un massimo di 8 anni di fiscalizzazione dei contributi previdenziali e assistenziali, per le aziende che assumono dei dipendenti con un’invalidità superiore al 79%. Stesso arco di tempo e stesse agevolazioni fiscali, per l’integrazione di lavoratori che, senza specificare la percentuale di invalidità, mostrino una disabilità intellettiva e psichica. Oppure, è accessibile la fiscalizzazione del 50% di un massimo di 5 anni, per l’assunzione di invalidi tra il 67 e il 69%.
Esiste poi la possibilità di un parziale rimborso delle spese per rendere il posto di lavoro idoneo per gli individui che superano il 50% dell’invalidità, attraverso l’adozione di tecnologie che facilitino il telelavoro.
Ci sono anche alcuni contesti che permettono degli ulteriori esoneri: come per le aziende in fase di liquidazione o di dichiarato fallimento, nel bel mezzo di una ristrutturazione o di riorganizzazione interna che sono state costrette a svolgere lavori per l’integrazione salariale. Oppure ancora per le imprese in mobilità o che abbiano firmato dei contratti di solidarietà.
Stabilire la base di calcolo: istruzioni complete
Comprendere come tenere il conto dei dipendenti all’interno di un’azienda, non è per niente facile. Per questo motivo, la Riforma Fornero del 2012 è venuta in soccorso delle imprese. È stata allargata la base di calcolo, che ha previsto un incremento dei numeri di occupati in disabilità. Attualmente sono inclusi nel conteggio anche i professionisti vincolati da un contratto di subordinazione e quelli somministrati presso l’utilizzatore. Poi i lagoratori impiegati per i compiti all’estero, quelli socialmente utili o LSU, coloro che lavorano a domicilio e gli apprendisti. Compresi anche i soci delle cooperative di produzione e lavoro e i contratti di inserimento. Sono finalmente coinvolti anche i dipendenti legati da un contratto a tempo determinato della durata massima di 9 mesi.
E per i privati che possiedono più di un’unità produttiva sul territorio?
Anche loro hanno diritto di esser autorizzati dal Servizio provinciale del lavoro, riferendosi alla provincia della propria sede legale. Così da poter assumere per ciascuna unità un numero superiore a quello obbligatorio di lavoratori afferenti alle categorie protette. Di conseguenza, si creeranno delle eccedenze per bilanciare altre unità dello stesso datore di lavoro, all’interno delle quali magari esiste un minor numero di dipendenti disabili.
Come sempre, una richiesta di questo tipo deve esser argomentata. Inoltre, nel momento in cui le unità siano localizzate in regioni differenti, l’autorizzazione passerà invece dal Ministero del lavoro.
La novità del Jobs act (D. Lgs. 151/2015)
Con questo provvedimento le aziende pubbliche e private possono calcolare, all’interno della quota di riserva, i dipendenti disabili che al momento dell’assunzione, non rientravano nel sistema del collocamento obbligatorio. A patto che presentino un’invadilità superiore al 60%, oppure, in caso di disabilità psichica, del 45%.
Chi è esente dall’obbligo di assunzione?
Tutti coloro che lavorano all’interno del settore del trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre. O persino per gli impianti su fune. In questo contesto, l’esenzione limita l’assunzione di operatori viaggianti, naviganti e addetti al trasporto diretto. Stesso discorso vale per i datori di lavoro in campo edile. Per lavorare all’interno delle forze di polizia, protezione civile, le categorie protette possono esser impiegate solo per svolgere le pratiche amministrative.
Esistono condizioni particolari anche per partiti politici, sindacati, IPAB
E poi anche per le organizzazioni senza scopo di lucro che magari sono attivi sul campo della solidarietà sociale o dell’assistenza e riabilitazione. In questi casi, il calcolo di riserva va effettuato riferendosi al personale addetto al settore tecnico-esecutivo e che quindi ricoprirà ruoli di tipo amministrativo. Inoltre, queste realtà sono obbligate al collocamento, solo quando si apre la possibilità di una nuova assunzione.
Altre eccezioni
E ancora, l’obbligo di collocamento cade nel momento in cui un’azienda è in piena crisi e quindi è in fase di cassa integrazione o di dichiarato fallimento. Per esser esenti, queste imprese dovranno presentare la richiesta di sospensione degli obblighi ai servizi della provincia competenti. Ovviamente facento riferimento all’unità produttiva in difficoltà, lasciando in allegato la copia del provvedimento amministrativo in riconoscimento della sussistenza prevista dalla legge.
E ancora: i datori di lavoro privati e pubblici che per ragioni eccezionali non riescono ad assumere l’intera percentuale delle categorie protette, possono fare richiesta per un parziale esonero dall’obbligo di collocamento. Ancora una volta, la domanda va inviata al servizio provinciale del lavoro, con la motivazione e l’attività lavorativa dell’azienda.
L’autorizzazione può comprendere un esonero parziale massimo del 60% della quota di riserva. La stessa cifra può raggiungere l’80% per i datori di lavoro del settore della sicurezza e vigilanza e nel settore del trasporto privato. C’è un però: queste stesse aziende, quando autorizzate, devono comunque versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, un versamento per ogni unità non impiegata. Ogni giorno lavorativo equivale a 30,64 euro per ciascun disabile non assunto.
Categorie protette: la tutela dei disabili
A questa categoria viene applicato lo stesso trattamento economico e normativo di tutti gli altri dipendenti. Quindi, il datore di lavoro non può pretendere da un disabile, lo svolgimento di una prestazione impossibile rispetto alla sua invalidità. Inoltre, se questa dovesse peggiorare nel tempo, il disabile può fare richiesta di aggiornamento della compatibilità delle mansioni al proprio stato di salute. Se l’incompatibilità tra disabilità e mansione persiste, il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo.
La fine del rapporto di lavoro può avvenire quando la commissione ASL accerterà le condizioni di impossibilità di svolgimento dei compiti professionali.
Dopo questo approfondimento, che siate appartenenti a queste categorie o meno, o che vi occupiate di assunzioni, siamo certi che ne saprete di più. Non importa da quale punto di vista, che il vostro sia un diritto oppure un obbligo, usufruitene pienamente o rispettatelo al meglio.
Simonetta Spissu