Gestire le pratiche burocratiche relative ad un rapporto di lavoro, dalla sua definizione alla sua evoluzione, tenere le procedure contabili, giuridiche, assicurative e previdenziali ad esso connesse, fornire alle aziende informazioni relative agli adempimenti in materia lavorativa e previdenziale, occuparsi delle modalità di retribuzione dei lavoratori, della tenuta del libro e dei prospetti paga, del calcolo dei contributi, redigere i modelli Cud e dirimere le controversie sul luogo di lavoro. Sono alcuni dei delicati compiti che spettano ad un Consulente del Lavoro, figura professionale che si occupa di tutti gli aspetti burocratici relativi al personale di un’azienda.

Un buon consulente del lavoro deve quindi essere sempre aggiornato su tutte le norme retributive, previdenziali e assistenziali relative ai rapporti lavorativi per fornire informazioni corrette ai propri clienti; le doti personali per riuscire al meglio in questa professione, invece, sono precisione, concretezza e buona capacità di problem solving.
Per accedere a questa professione bisogna essere in possesso di un diploma in ragioneria o di una laurea triennale per Consulente del Lavoro o in giurisprudenza, scienze politiche ed economia e commercio.

Il titolo di studio da solo, però, non è sufficiente: terminati gli studi sono necessari due anni di praticantato presso un consulente del lavoro iscritto al relativo Albo professionale da almeno due anni oppure presso un ragioniere, un commercialista o un avvocato che da almeno tre anni abbiano effettuato la comunicazione di esercizio della professione di consulente del lavoro alla Direzione Provinciale del Lavoro. L’aspirante consulente del lavoro, perché il suo periodo di praticantato sia valido, dovrà presentare al Consiglio dell’Ordine del territorio di competenza la propria domanda di iscrizione al registro dei praticanti, allegando tutta la documentazione necessaria.

consulente del lavoro

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Dopo il periodo di praticantato, infine, occorre superare l’esame di Consulente del Lavoro, che si svolge ogni anno in ogni capoluogo di regione. Per essere ammessi all’esame occorre inviare la domanda in bollo da 16, compilata e firmata, alla Direzione regionale del lavoro della regione di competenza tramite raccomandata A/R. Alla domanda vanno allegati alcuni documenti: la ricevuta di versamento che attesta il pagamento della tassa di 49,58 euro, la fotocopia di un documento di identità e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà relativa al compimento del periodo di praticantato.
Superato l’esame ci si potrà iscrivere all’albo dei Consulenti del Lavoro e cominciare così ad esercitare la professione; essendo liberi professionisti, i consulenti del lavoro hanno la possibilità di guadagnare in base al proprio giro di affari: più aziende seguono e più elevati saranno i guadagni.

C’è da sottolineare che negli ultimi 13 anni il reddito medio di questa categoria è cresciuto in maniera costante, passando dai circa 30mila euro annui del 2000 ai quasi 37mila del 2012 (volume d’affari decurtato dalle spese di gestione dello studio). Il merito, secondo l’Enpacl (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Consulenti del Lavoro), è dell’aumento esponenziale dei fatturati unito all’aumento relativamente contenuto dei professionisti iscritti all’albo. Nel 2008, infatti, gli iscritti all’Enpacl erano 18.548, mentre nel 2012 gli iscritti erano 26.742. La crescita degli iscritti, quindi, è stata di sole 8.000 unità circa, a fronte di un volume d’affari totale della categoria quasi raddoppiato: nel 2000, infatti, il volume d’affari complessivo era di 1.095.084 euro, cifra salita a 1.997.587 euro nel 2012.

Francesca Scarabelli