La vicenda ha origine dal ricordo di una società spagnola che qualche anno fa, a seguito di un cambiamento nell’organizzazione, chiuse tutti li uffici della regione sostituendoli con operatori dislocati sul territorio, dotati di auto e cellulare aziendale per espletare il loro lavoro. Questa società considerava “tempo di riposo” il tragitto dalla casa del lavoratore alla sede del primo cliente, che poteva distare anche cento chilometri.
In questo caso la Corte di Giustizia UE ha ritenuto che “i lavoratori sono a disposizione del datore di lavoro durante i tempi di spostamento”e quindi dichiarato che “nel caso in cui dei lavoratori non abbiano un luogo di lavoro fisso o abituale, il tempo di spostamento che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio ed i luoghi in cui si trovano il primo e l’ultimo cliente indicati dal loro datore di lavoro costituisce orario di lavoro“.
La corte UE precisa poi: “la circostanza che i lavoratori comincino e terminino i tragitti presso il loro domicilio è una conseguenza diretta della decisione del loro datore di lavoro di eliminare gli uffici regionali e non della volontà dei lavoratori stessi” e quindi “costringerli a farsi carico della scelta del loro datore di lavoro sarebbe contrario all’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori perseguito dalla direttiva, nel quale rientra la necessità di garantire ai lavoratori un periodo minimo di riposo”.