Demansionamento: un termine che da una parte confonde e dall’altra inquieta. Parliamo di un fenomeno che spesso non è riconosciuto in maniera appropriata dallo stesso lavoratore che ne diventa soggetto e che ha però un impatto molto negativo sulla sua carriera. Ciascun dipendente, quando viene assunto, inizia una strada caratterizzata da mansioni specifiche e legate a un certo compenso: due fattori che non dovrebbero mai vertere verso il basso, in una sorta di involuzione professionale, cosa che a volte si verifica in alcuni posti di lavoro. Come riconoscere il fenomeno e come reagire per tutelarsi?
Demansionamento: cos’è esattamente?
Partiamo da un principio fondamentale, ovvero che ogni dipendente, nel momento dell’assunzione, ricopre determinate mansioni. Una volta individuate in fase contrattuale, queste difficilmente potranno essere soggette al demansionameno: in altre parole, le mansioni che compaiono sul vostro contratto non possono esser modificate verso il basso se non il alcuni casi previsti dalla legge o dagli stessi contratti collettivi.
Una volta fatta questa premessa, viene naturale capire cosa sia il demansionamento: non è altro che l’attribuzione di mansioni inferiori rispetto a quelle previste nel momento dell’assunzione.
Mansione e categorie legali
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Un altro modo per affrontare meglio il tema è capire bene la differenza tra mansioni, trattamento economico e categoria legale. Per mansioni intendiamo tutte le attività che concretamente un dipendente dovrà svolgere per il proprio datore di lavoro. Ogni categoria legale potrà contenere al suo interno molteplici mansioni.
A seconda del livello di inquadramento, il dipendente percepirà una diversa retribuzione e un diverso trattamento normativo (per esempio per quanto riguarda il periodo di preavviso e di prova) applicato dal rispettivo contratto collettivo. Da che cosa dipende il collocamento all’interno di un livello piuttosto che in un altro? Proprio dalla categoria legale di appartenenza e dalle mansioni ricoperte. I contratti di solito fanno corrispondere a ciascun livello diverse mansioni, in questo modo i datori di lavoro hanno un testo di riferimento per trattare in maniera equa i dipendenti.
Per capire meglio basterà fare un esempio pratico, prendendo un lavoratore di 6° livello del CCNL Metalmeccanica Industria con la mansione di “impiegato direttivo”. Se al dipendente venisse in seguito assegnata la mansione di “impiegato di concetto”, saremmo di fronte ad un caso di demansionamento, in quanto il lavoratore scenderebbe al quinto livello. Ancora più evidente sarebbe se dovesse subire il cambiamento al livello di “operaio qualificato”, perché appartenente addirittura a una categoria legale differente da quella dell’impiegato.
Il demansionamento è legittimo?
No. A parte i casi eccezionali che approfondiremo in seguito, il dipendente non deve mai subire il demansionamento. Se vi trovaste mai in questa situazione, sappiate che avete tutto il diritto di chiedere in giudizio il riconoscimento della vostra corretta qualifica. In altre parole, quando il demansionamento diventa un grosso ostacolo per la continuazione del vostro rapporto lavorativo, potreste decidere di dimettervi per giusta causa.
Ricordatevi: certamente un dipendente non può rifiutare di svolgere le mansioni a lui affidate dall’azienda, ma sempre a patto che siano rispettate le condizioni contenute nel contratto di assunzione. Nel caso in cui questo processo di mobilità verso il basso, regolamentato dall’articolo 2103 del Codice Civile, non sia giustificato da situazioni straordinarie, allora potremmo parlare di una modalità di mobbing.
Demansionamento: le eccezioni che confermano la regola
Il decreto legislativo n°81/2015 attuativo del Jobs Act ha determinato i limiti per l’applicazione del demansionamento:
- il lavoratore non potrà scendere sotto il suo specifico livello di inquadramento;
- il lavoratore non potrà subire modifiche alla retribuzione percepita.
Tuttavia, di fronte a queste regole, esistono delle eccezioni contemplate all’interno dei contratti collettivi nazionali e di alcuni contesti aziendali.
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Per esempio, lo stesso decreto ha dato spazio ai patti certificati per modificare le mansioni, ovvero quei contratti sottoscritti in determinate sedi giuslavoristiche come le direzioni territoriali del lavoro e i sindacati. Qui i datori di lavoro e i dipendenti possono trovare un accordo sul cambiamento delle mansioni per cause diverse come:
- conservare il posto di lavoro: il demansionamento avviene proprio per evitare il più netto licenziamento dello stesso dipendente a causa di una crisi finanziaria;
- assunzione di nuove professionalità;
- per trovare un diverso punto di equilibrio tra vita e lavoro;
- il demansionamento per ragioni di salute, come ad esempio di fronte a una malattia grave.
Se una di queste condizioni si verifica e mette d’accordo datore di lavoro e dipendente, allora il demansionamento e l’assegnazione di mansioni inferiori sarà frutto di un’intesa congiunta. Lo scopo finale di questa modifica sarà infatti solo quello di migliorare le condizioni professionali del dipendente, senza lederne la dignità.
Ci sono poi anche altre eccezioni come in caso di gravidanza e di non idoneità fisica rispetto alle mansioni assegnate originariamente. La legge prevede che, sempre in linea con la volontà di salvare il posto di lavoro, il demansionamento possa esser la via giusta per trovare una collocazione più adatta alle nuove circostanze fisiche del lavoratore.
Come comportarsi in caso di demansionamento illegittimo?
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Se doveste trovarvi a subire ingiustamente il demansionamento ci sono alcune mosse da seguire per reagire in maniera immediata. Per prima cosa, dovrete inviare una lettera all’azienda per tentare di trovare una soluzione civile al problema. Se questo primo passo non dovesse portare da nessuna parte, allora potrete passare alle “maniere forti”, agendo per le vie legali con l’aiuto di un giudice del lavoro. Sarà lui a decidere se il demansionamento è legittimo o meno.
Nel caso lo valutasse ingiustificato, allora l’azienda sarà condannata e obbligata a ripristinare le vostre precedenti mansioni. Inoltre, il giudice potrebbe chiedere al datore di lavoro di risarcire i danni al dipendente rispetto al danno economico applicato con il demansionamento. Per calcolare questa cifra, si dovrà tener conto non solo dell’influenza negativa sulla carriera, ma anche dell’impatto morale sulla dignità del dipendente. Si tratta quindi di un risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Come provare il danno del demansionamento?
Che si voglia dimostrare il danno patrimoniale oppure quello non patrimoniale, il lavoratore dovrà dimostrare l’avvenuta riduzione dello stipendio, oppure le ripercussioni sul suo equilibrio fisico e mentale. Il giudice dovrà quindi avere a disposizione prove del danno subito.
Avete capito bene che cosa dovreste fare di fronte a questa situazione particolare? Ricordatevi i vostri diritti di lavoratori e fatevi rispettare ma, soprattutto, restate informati consultando i nostri articoli!