Job hopping, ovvero saltare da un lavoro all’altro, un po’ costretti a fare di necessità virtù in un mercato del lavoro che si rivela sempre più precario e con contratti a termine e molto flessibili, un po’ perchè si ritiene stimolante cambiare spesso ruolo, mansioni e ambiente di lavoro. E il Job hopper per antonomasia è il cosiddetto Millennial, cioè la generazione di ragazzi nati tra l’inizio degli anni 80 e l’inizio degli anni 2000, che si sono sempre dovuti confrontare con un mercato del lavoro pesantemente influenzato e modificato dalla crisi economica.
Non si tratta di un fenomeno solo italiano o europeo: un sondaggio del 2016 di JobSurvey ha stabilito che negli Stati Uniti il 18 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni cambia lavoro in media ogni tre anni, in genere per migliorare il proprio stipendio o per crescere e migliorare professionalmente.
Saltare da un lavoro all’altro può dare un buon impulso alla carriera (e anche allo stipendio) ma solo se fatto con le giuste motivazioni, che rendono chi lo pratica un elemento prezioso per le aziende alla ricerca di personale. Vediamo quindi quali sono i pro e i contro del job hopping!
- La motivazione: per un job hopper, in fase di colloquio di lavoro, è importante mettere in chiaro che il continuo passare da un lavoro all’altro non dipende dalle circostanze (cioè dall’essere magari rimasto senza lavoro) ma da una forte motivazione che spinge il candidato ad acquisire sempre nuove conoscenze e competenze, anche molto diverse tra loro. Sicuramente questo è uno dei vantaggi del job hopping!
- La flessibilità: un job hopper, inutile dirlo, dimostra sul campo di essere flessibile, adattabile e predisposto al cambiamento, delle soft skills molto apprezzate dalle aziende.
- Hard skills: non solo si impara ad essere flessibile e ad adattarsi rapidamente ad un nuovo ambiente e a nuove mansioni. Un job hopper, infatti, può ampliare notevolmente le proprie hard skills, cioè tutte le competenze tecniche che caratterizzano un’esperienza lavorativa.
- Una buona rete di contatti: chi cambia spesso lavoro riesce in genere a crearsi una buona rete di contatti, ampliando il proprio network relazionale. Questo può essere davvero molto utile, sia per il lavoratore che per l’azienda che lo assume.
- Ambizione e capacità di lavorare per obiettivi: un job hopper è in genere una persona molto ambiziosa dal punto di vista professionale, capace di porsi degli obiettivi e di raggiungerli, e le aziende lo sanno bene. Per qualsiasi recruiter, una persona che si è arricchita in realtà eterogenee per settore e dimensione è di sicuro un valore aggiunto.
- Uno stipendio migliore: inutile dire che queste competenze portano ad avere uno stipendio in media migliore di quello di una persona che ha sempre lavorato nella stessa azienda. Secondo uno studio di Forbes, spesso essere un Job Hopper aiuta ad incrementare lo stipendio di almeno il 20 per cento.
Vediamo anche qualche consiglio per chi vuole dare sprint alla propria carriera diventando job hopper!
- Quando è il momento di cambiare lavoro? In realtà non esiste una regola precisa e valida per tutti: molto dipende dal settore in cui si lavora, dall’azienda in cui ci si trova e dagli obiettivi di carriera che ci si pone. L’importante è essere sicuri di aver imparato tutto il possibile prima di mettersi alla prova in una nuova realtà.
- Attenzione a non cambiare lavoro per il motivo sbagliato! Questa decisione dovrebbe essere presa perché si ha voglia di mettersi in gioco, di crescere e di imparare cose nuove. Anche incrementare il proprio stipendio può essere una motivazione valida, ma non l’antipatia per il proprio capo o la noia di una posizione di lavoro che non si è sfruttata appieno.
Se in Italia e negli Stati Uniti il job hopping viene quasi sempre visto come un fattore positivo nel curriculum vitae di un candidato, in Gran Bretagna non è così: il job hopper viene infatti visto come una persona che non sa tenere il suo posto di lavoro o con l’abitudine di cambiare spesso azienda lasciando il proprio impiego senza preavviso.