Chi è il change manager
Con questo termine anglosassone si indica una figura professionale preziosa ma ancora rara in Italia: si tratta di un professionista che viene chiamato ad intervenire quando un’azienda è in vista di un cambiamento o si trova di fronte ad una situazione di crisi che impone un cambio di rotta.
In genere si tratta di un consulente esterno che, in un periodo di tempo più o meno lungo, è chiamato ad operare un cambiamento mettendo in campo le sue competenze organizzative, manageriali e gestionali. Un bravo change manager deve essere quindi in grado di far capire a tutti i dipendenti perché è necessaria una riorganizzazione interna di qualsiasi genere, motivando soprattutto chi è più diffidente e restio a interrompere lo stato attuale delle cose e adeguandosi con rapidità e in maniera strategica a qualsiasi mutamento della situazione.
Cosa fa il change manager
Il change manager è una figura professionale che per prima riconosce la necessità di un cambiamento all’interno di una azienda, sa definirlo e riesce anche a valutare la capacità di cambiare dell’organizzazione stessa. Per effettuare questo primo step, il change manager deve studiare l’azienda dall’interno, capendone i punti di forza e quelli di debolezza e analizzando le prestazioni di dirigenti e dipendenti per capire come rendere più efficiente e produttivo ogni processo.
Fatto questo, caso per caso deve saper individuare le strategie e gli strumenti più adatti per operare i cambiamenti che ha individuato come necessari, anche in rapporto al mercato e alle tecnologie esistenti, pianificando i vari passaggi e coinvolgendo le persone nell’intero processo, che deve essere graduale ma avere un traguardo ben preciso.
Insomma, riassumendo si può dire che il change manager deve avere ben chiaro il punto di partenza, il punto di arrivo e il percorso più agevole per raggiungerlo. Non è sempre facile: ogni realtà è un mondo a sé, che deve essere compresa fino in fondo prima di mettervi mano e decidere dove e come intervenire.
Per chi lavora il change manager?
Ci sono alcune grandi realtà industriali e aziendali che possono aver bisogno di una figura di questo genere all’interno del proprio organico, ma la maggior parte dei change manager lavora in società di consulenza, gestendo un buon numero di clienti e di progetti.
In Italia questa figura non è ancora molto diffusa, mentre nel mondo anglosassone rappresenta già da tempo una risorsa preziosa e praticamente indispensabile per gestire cambiamenti ad ogni livello aziendale, dando una direzione ben precisa all’intero processo e affrontando le eventuali difficoltà nel migliore dei modi.
Come diventare change manager?
La figura professionale del change manager deve avere innumerevoli competenze: deve conoscere alla perfezione i meccanismi che regolano i processi aziendali, deve essere esperto di new economy, avere buone capacità di pianificare strategie e di comunicarle a tanti soggetti diversi, convincendoli e motivandoli.
Competenze così trasversali sono in parte innate e in parte si possono acquisire con un percorso di studi adeguato: tra le facoltà più adatte allo scopo ci sono Economia e Commercio, Informatica, Management e Marketing e Scienze della Comunicazione.
Quanto guadagna un change manager?
In Italia questa figura è ancora poco conosciuta, ma ci si sta rendendo conto sempre di più della sua importanza. Questi specialisti riescono quindi ad avere buone opportunità di carriera e anche di stipendio, riuscendo a guadagnare cifre importanti grazie a ristrutturazioni aziendali da svariati milioni di euro: il successo di queste operazioni, infatti, dipende in buona parte dalle sue capacità e competenze.