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Sindrome da burnout, quando il lavoro fa male
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Sindrome da burnout, quando il lavoro fa male

sindrome da burnout
Pixabay | succo
Si parla di sindrome da burnout quando l'ansia e lo stress accumulato sul lavoro ci segue anche a casa e rovina la nostra vita quotidiana. Vediamo di cosa si tratta.

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Dal 2019 l’ansia e lo stress accumulati sul posto di lavoro, la cosiddetta sindrome da burnout, sono considerati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un “fenomeno lavorativo” (quindi non una vera e propria malattia) e l’ha inclusa nella nuova versione dell’undicesima International Classification of Diseases (Icd-11), che entrerà in vigore nel gennaio 2022.

L’Oms definisce il burnout “una sindrome concettualizzata come conseguenza di stress cronico sul posto di lavoro non gestito con successo” e individua tre categorie: “senso di esaurimento o debolezza energetica; aumento dell’isolamento dal proprio lavoro con sentimenti di negativismo o cinismo e ridotta efficacia professionale”. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Cos’è la sindrome da burnout lavorativo

Il burnout viene solitamente definito una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e di derealizzazione personale e si verifica più spesso in chi svolge professioni con forti implicazioni relazionali. Viene chiamato anche sindrome da esaurimento professionale e ha un’incidenza sempre maggiore nei paesi occidentalizzati.

La storia

Questo termine è apparso per la prima volta nel mondo sportivo nel 1930. All’epoca indicava l’incapacità di un atleta di successo di mantenere i risultati raggiunti o di ottenerne altri. Il termine è stato ripreso nel 1975 dalla psichiatra americana Christine Maslach, che lo ha utilizzato per definire una sindrome che colpiva le cosiddette helping professions, quindi persone che si prendono cura degli altri: dipendenti del settore sanitario, assistenti sociali, insegnanti, vigili del fuoco, poliziotti e così via. I più colpiti sembrano essere medici e infermieri, a costante contatto con le esigenze delle persone, che manifestano spesso comportamenti come nervosismo, apatia, indifferenza o cinismo.
Negli anni in questa casistica sono rientrate altre categorie di lavoratori, comprese tutte quelle a costante contatto con il pubblico. Tra queste ci sono ristoratori, impiegati, manager, centralinisti, segretari e così via.

burnout
Pixabay | geralt

Le cause della sindrome da burnout

Di solito si ritiene che il burnout sia dovuto a cause personali, cioè legate a fattori individuali come il carattere o lo capacità lavorativa, socio – culturali e socio – demografiche, che modellano il modo in cui le persone interagiscono tra di loro e il modo in cui ricoprono la propria mansione. Pare infatti quasi scontato che in un ambiente di lavoro che non riconosce l’aspetto umano di chi vi opera, il rischio di burnout aumenti.

Alcune cause specifiche della sindrome di burnout possono essere:

  • sovraccarico di lavoro;
  • insufficienti gratificazioni;
  • crollo del senso di appartenenza;
  • mancanza di equità;
  • valori contrastanti;
  • scarsa remunerazione.

Entrando più nello specifico, tra i fattori individuali che favoriscono l’insorgere della sindrome da burnout troviamo la capacità di lavorare in gruppo, aspettative professionali poco realistiche, stress dovuto ad uno stile di vita troppo frenetico, l’abnegazione eccessiva nei confronti del proprio lavoro e la tendenza a considerarsi indispensabili.

Tra le componenti socio – culturali possiamo invece elencare una retribuzione considerata inadeguata, un eccessivo carico di lavoro, scarse risorse materiali, assenza di stimoli, turnazione e orari di lavoro troppo pesanti e mancati riconoscimenti.

Nei fattori socio – demografici possiamo invece includere le differenze di genere, in quanto pare che le donne siano più predisposte a soffrire di burnout rispetto agli uomini, l’età (con una maggiore probabilità di soffrirne nei primi anni di lavoro) e lo stato civile, poiché pare che le persone senza legami stabili siano più inclini ad ammalarsi.

Le caratteristiche della sindrome da burnout

Questa sindrome ha più possibilità di manifestarsi in situazioni in cui la natura del lavoro e quella della persona divergono molto e in contesti professionali in cui è richiesto un grande impegno e una forte dedizione. Il burnout ha manifestazioni specifiche:

  • esaurimento provocato dalle eccessive richieste sul lavoro; la persona si sente prosciugata e incapace di rilassarsi e recuperare le energie per affrontare nuovi progetti e nuove sfide;
  • cinismo: le persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro per minimizzare il suo coinvolgimento emotivo, arrivando ad abbandonare i propri ideali e valori. Questo comportamento avrebbe lo scopo di sentirsi al sicuro da delusioni e disillusioni, soprattutto quando il futuro appare incerto;
  • inefficienza: se una persona si sente inadeguata, ogni nuovo progetto viene vissuto come opprimente e anche quel poco che si riesce a realizzare appare insignificante. Si finisce per perdere la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità.

I sintomi del burnout

Il burnout non è un disturbo della personalità, ma del ruolo lavorativo. I sintomi si possono manifestare con nervosismo, irrequietezza, apatia, indifferenza, cinismo e ostilità. Le manifestazioni possono in ogni caso essere molte e tra queste possiamo trovare:

  • sintomi aspecifici come apatia, nervosismo, stanchezza, esaurimento, irrequietezza, insonnia;
  • sintomi fisici come ulcera, cefalea, disturbi cardiovascolari, difficoltà sessuali, dolore alla schiena, diarrea, nausea, vertigini, dolori viscerali, dolori al petto, inappetenza, crisi di affanno o crisi di pianto;
  • i sintomi psicologici come irritabilità, aggressività, rabbia, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sospetto e paranoia, sensazione di fallimento, resistenza al cambiamento, isolamento, cinismo, difficoltà nelle relazioni, atteggiamento critico nei confronti dei colleghi o colpevolizzante nei confronti degli utenti;
  • sintomi comportamentali come assenteismo, difficoltà a relazionarsi con utenti e colleghi, perdita di autocontrollo, tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive.

Come si diagnostica?

Riconoscere e diagnosticare la sindrome da burnout non è così semplice. Spesso, infatti, si tende a ricondurre i sintomi e i comportamenti che abbiamo visto ad un problema dell’individuo, non correlato al suo ambiente lavorativo. Chi pensa di essere vittima di burnout dovrebbe rivolgersi al suo medico curante, che prescriverà degli accertamenti. Spesso ci si avvale del Maslach Burnout Inventory (MBI), uno strumento nato nel 1981 per misurare il livello di burnout, che negli anni è stato sottoposto a modifiche e aggiornamenti. Tramite 22 domande vengono considerati l’esaurimento emotivo provocato dal lavoro, la depersonalizzazione del lavoratore e il suo atteggiamento verso gli utenti e la realizzazione personale dell’individuo.

stress e burnout
Pixabay | geralt

Come si cura la sindrome da burnout?

La risoluzione di questa situazione non dovrebbe coinvolgere solo l’individuo, ma anche l’organizzazione in cui lavora. La prima cura, infatti, dovrebbe essere la prevenzione e a questo scopo le aziende e le organizzazioni dovrebbero prevedere:

  • l’inserimento di una figura di sostegno nel proprio organico;
  • l’istituzione di corsi e aggiornamenti;
  • nuovi metodi di recruiting che si soffermino anche sugli aspetti psicologici ed emotivi dei candidati per individuare i soggetti a rischio;
  • la valutazione in relazione all’attribuzione di incarichi.

Il modo migliore per prevenire il burnout, da parte delle aziende, può puntare non solo sul ridurre gli aspetti negativi presenti sul posto di lavoro, ma anche sull’aumentare quelli positivi. Questo porterà ad accrescere l’energia e il coinvolgimento dei lavoratori, permettendo loro di affermarsi e di essere soddisfatti del proprio ruolo.

Per i soggetti vittime di sindrome da burnout, invece, la cura non è univoca. Bisogna individuare l’intervento più adatto per ogni persona, ovviamente da parte di un professionista competente in materia.

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